«Dal
coniglietto, con cui condividevo lo spazio in cui vivevo, ho imparato tante
cose.
Ho imparato a capire i suoi momenti di sofferenza e di
felicità, le sue necessità e le sue debolezze, il tempo di imparare, di giocare
e di cullarsi nella pigrizia.
Lui si sdraiava vicino e mi guardava con sospetto, non amava
essere disturbato, ma se mi spostavo mi seguiva da lontano con grande rispetto.
Sapeva essere dolce e premuroso ma anche caparbio e
irremovibile.
Il mio coniglietto sapeva essere anche un grande maestro e
come ogni grande maestro non amava esaltare le proprie qualità ma le qualità
dei suoi allievi e dei suoi colleghi maestri.
Io ero un allievo difficile e testardo, lui questo l’aveva
capito ma non si arrendeva.
Con il tempo ho compreso che, per imparare, bastava
osservarlo con molta attenzione.
Ora è tutto più chiaro: il mio maestro aveva capito che i
suoi allievi erano tutti diversi, che nella vita dei suoi allievi scorreva un
fiume diverso.
Lui aveva capito che, con ognuno dei suoi allievi, doveva porsi
in modo diverso.
A lui non importava se gli allievi fossero di un’altra
specie, di un colore diverso, se fossero simpatici o antipatici, belli o
brutti, buoni o cattivi, disponibili o arroganti, umili o presuntuosi.
E anche se aveva fame, sete, sonno, freddo o caldo,
a lui interessava far capire che il maestro deve avere stima
e rispetto per “tutti” gli allievi,
a lui interessava far capire che l’allievo deve avere stima
e rispetto per “tutti” i maestri.
Dal mio coniglietto ho imparato che maestro ed allievo hanno
ruoli intercambiabili: uno è contemporaneamente maestro ed allievo dell’altro.
Ora il coniglietto non c’è più…ma restano i suoi
insegnamenti. Quelli sono indelebili, nessuno potrà mai cancellarli, buoni o
cattivi che siano».
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